Nello sport al giorno d'oggi conta di più il risultato che il divertimento. Ecco che le motivazioni all'assunzione di sostanze dopanti sono tante diverse, possono essere di natura commerciale, politica, sociale, ma anche sportiva.
La domanda che più spesso ci si pone fra profani è se coloro che assumono tali sostanze siano vittime e quale e quanta responsabilità abbiano in tutto questo meccanismo che fa parte oramai di uno dei principali mali dello sport attuale.
Considerando gli interessi commerciali è quasi ovvio che tra i motivi che portano al doping troviamo le entrate economiche. Nel campo di natura socio- politica si evidenziano maggiormente motivi legati al principio del successo e a ragioni di prestigio nazionale.
Tra le motivazioni di carattere personale primeggiano sicuramente l'orgoglio, i benefici di visibilità, il denaro, pressione dei mass media per cui bisogna vincere a tutti i costi.
I mass media hanno la loro influenza anche sull'evidenziare l'importanza dell'aspetto estetico, quindi si ricorre al doping anche per questi motivi.
L'atleta ed il suo corpo sono vissuti come una merce, in quanto permettono degli introiti economici non indifferenti.
L'atleta come indipendente imprenditore è cosciente, sa che la sua carriera è limitata nel tempo e cerca di ottenere nel breve tempo determinate entrate economiche. Nulla di male, se cercasse di fare il tutto solo con il suo impegno e la sua determinazione, senza ricorrere sostanze proibite. Le quali potrebbero garantire un miglioramento della prestazione, trascurando però l'aspetto della salute.
Il tempo passa, l'atleta vince sempre di più. Così facendo il rischio di diventare dipendente dalla sostanza, c'è il rischio di diventare dipendente dalla Federazione di appartenenza, sponsor,...Derivando di conseguenza un vincolante rapporto giuridico che può limitare le scelte dell'atleta, assicurandogli però benefici finanziari notevoli.
Se le condizioni del contratto sono buone, questi è interessato a continuare che però è garantita solo se mantiene una certa posizione. La paura allora è tanta che porta la persona a mettere la salute in seconda posizione rispetto ai guadagni.
I mass media hanno un ruolo importante per evidenziare le rivalità fra gli atleti, notevolmente sopravvalutate. L'interesse del pubblico verso gli atleti aumenta continuamente e le sue aspettative sono spesso sostenute anche dallo spirito campanilistico. L'interesse sempre più evidente da parte del pubblico verso le faccende private e loro rivalità, influenzando anche le aspettative degli sponsor e dei titolari dei contratti di pubblicità, aumenta la pressione che gli atleti hanno in concorrenza tra loro.
Oltre alle speranze delle istituzioni: Federazioni e sponsor di vedere sul podio gli atleti sostenuti da loro, un ruolo determinante è dato dalle motivazioni personali dell'atleta di vincere ad ogni costo.
L'atleta è consapevole della pressione dei suoi rivali, se sospetta l'abuso di doping da parte di questi, assume anche lui tali sostanze per non essere da meno e continuare a vincere e magari superarlo.
In questo caso l'assunzione di doping volontaria lo porta ad essere colpevole, in quanto la decisione di diventare un atleta di alto livello e di restarci è solo il frutto di una scelta personale.
Lo sport è retto da regole che fungono da orientamento e che dovrebbero rendere possibile il funzionamento dello sport e dei suoi valori. Dentro questo sistema di valori ogni atleta è legato al rispetto della Carta Mondiale Antidoping.
Anche se c'è da dire una cosa in merito. Ogni disciplina sportiva sceglie le sue particolari sostanze dopanti.
L'atleta che viene scoperto viene punito, anche con l'esclusione dalle competizioni sportive.
Sia esso vittima o colpevole dipende da quale faccia della medaglia vediamo le cose:
Vittima perché fa parte del sistema che deve funzionare secondo precise regole, inganna poi se stesso perché quello che realizza non è di certo il suo potenziale energetico.
Colpevole in quanto aderendo ad un particolare sistema di valori, con la sua presenza contribuisce a mantenerlo vivo e attivo.
Ci sono sempre allenatori, medici, atleti che barano senza scrupoli.
L'unico rimedio è che gli sport praticati dagli atleti scoperti dopati non siano trasmessi, in questo modo cala l'interesse della gente, diminuiranno i sostegni pubblici e finanziari.
Ecco che lo scopo del doping viene meno, evitando di danneggiare la propria salute.
Un'altra strategia utile sarebbe anche necessario l'opposizione e la resistenza alle eccessive richieste finanziarie degli atleti, limitare i livelli della vittoria.
Si la repressione, ma in concomitanza con il cercare di agire sulle motivazioni che lo hanno fatto partire.
Strada più utopica che reale se si pensa che sarebbe necessario un'unità d'intenti e valori riconosciuti tra tutti quelli che operano o sono interessati allo sport: atleti, allenatori, dirigenti.
Il doping intossica lo sport, dimenticandone l'etica, la morale, il fair play.
Il tutto può essere rinnovato se tutti sono in grado di mettere l'uomo al centro delle competizioni e non solo la vittoria.
( fonte: rivista Scuola dello sport-Ottobre/ Dicembre 2007)
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